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Dante B. Marrocco

Piedimonte Matese

III Edizione 1999

 

 

 

…(pp. 441-442)…

 

Il soprannaturale demoniaco

 

Anche a Piedimonte sono avvenuti rapporti illeciti ed innominabili col demonio[1]. Cominciamo subito col maone [2]. Egli comanda agli spiriti, agisce a distanza sulla volontà, legge in libri antichi e segreti, conosce erbe e medicine, sa curare e può uccidere. Fu famoso un «Filippine», abitante allo Scorpeto, morto a metà ‘800. Fece morire il seduttore della figlia in un mese, senza che i medici, nel deperimento di lui, indovinassero una malattia. Quando, prossimo a morire, rinnegò il suo passato, consegnò ai missionari i suoi libri di stregoneria, e questi, nella sacrestia di S. Maria, appena li cominciarono a leggere, li gettarono inorriditi nel fuoco. Né si seppe mai che cosa dicessero. Da Piedimonte si andava a Pietraroja, dove ce n’era uno potente, che avvisava a distanza con rumori e suoni di invisibili campanelli.

Nel campo femminile c’è la janara. Chi è nata la notte di Natale, lo diventa naturalmente, ma lo può chiunque vuole. Basta rinnegare il battesimo, e recitare preghiere in cui, al posto di Dio e di Gesù, si metta il demonio.

Il nostro tipo di strega ha perduto il carattere delle Furie antiche e, apparentemente, è come le altre donne. Una volta il loro luogo di riunione era Benevento, dove si trasferivano il venerdì notte, in modo misterioso e rapido. Quanti racconti hanno questo riferimento. Sott’acqua i sotta véntu / sottu la noci re Benevéntu, così sussurravano, nel lanciarsi, spalmate di unguento ricavato da grasso di cadaveri. Per non farle entrare in casa, dove possono dare addobbiu, e poi sturzellane gli arti dei bambini, ci vuol poco: una borsa di sale o una grossa scopa dietro la porta. Chi sa perché, ma sono costrette a contare gli acini o i fili, e ci perdono l’intera nottata. Se per caso se ne scova una, è bene farle una bastonatura, senza mai riconoscere che la teniamo per i capelli, altrimenti svanisce. Le janare possono mutar forma in animali o apparire diverse. Un uomo che di notte saliva a Castello fu circondato da gatti inferociti. Col falcione  ne uccise uno, e si liberò. Ma nello stesso momento a Castello, moriva di colpo una donna che sospettavano strega. E ormai era chiaro… C’è un modo infallibile per riconoscerle: basta incrociare le falci alla porta delle chiese, la notte di Natale: rimangono dentro come paralizzate, e si possono acciuffare. Imprecando a distanza, possono far venire dolori atroci agli adulti e convulsioni ai bambini, e possono asfissiare i cavalli intrecciandone la criniera (ma anche qui il rimedio c’è: basta la medaglia o la figura del capo di S. Anastasio dietro la porta della stalla). E guai a capitarci in mezzo nella loro tregenda. Sono sadiche. Costrinsero – sempre a Piedimonte – un certo Rocco, che usciva di notte per lavoro, a ballare colla sferza e con morsi. E Rocco, tremante e insanguinato, ballava e mormorava: Abballa, abballa Rocco… Assì esce ra ste botte, nun esci cchiù la notte Rocco! Soprattutto, esse e il maone, sono capaci di provocare la morte per deperimento, colla fattura.

Gli spiritisti di oggi la definiscono apporto medianico. Fattura i maunaria, fatta nun te sia si diceva con apprensione.

I metodi sono due, detti della cenere e dei capelli; comunque è sempre un intruglio, e gli ingredienti sono elementi organici, droghe, e perfino piccoli oggetti. Diventa potentissima se c’è un sacrilegio nella confezione, specie un’ostia consacrata o polvere di ossa sotto la tovaglia dell’altare.

Ma per l’efficacia occorre qualcosa della persona su cui agire: anche un capello o un pezzo di stoffa. Tutto si mette in un guscio d’uovo e si sotterra con recita di imprecazioni. Col consumarsi dell’oggetto (tubu) si compie spietatamente l’azione (tara) sull’affatturato. Se non se ne sospende l’azione porta alla pazzia, alla possessione e alla morte[3]. Veramente la fattucchiera non è sempre strega, e la sua figura spesso confina coll’indovina.

Si può sapere il futuro anche a Piedimonte, leggendo le carte da gioco napoletane (27 su 40 hanno un significato), leggendo nella mano, o recitando un responsorio: se non ci si confonde, l’affare andrà bene, se c’è un errore o dimenticanza, ci sarà un intoppo.

Tranne il canonico Mezzala, autore di una profonda opera di «Astrologia araba e egiziana», ora conservata all’associazione storica, da noi è stata rara la figura dell’astrologo[4]. Il poeta Paterno nel ‘500 era cultore di astrologia.

 

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[1] Normalmente, da persone religiose non venivano nominate. Si usava la perifrasi “la mala bestia”

[2] Da mago o magone: la g gutturale è rimasta assorbita.

[3] L’ultima possessione clamorosa risale al 1926. Un uomo di San Potito rimase mbussessatu per azione di fattura (fatta su lingua di maiale e gettata in un pozzo), e riempì di urli e sputi S. Maria Maggiore.

Nel 1937, altra persona a cui si era fatto ingoiare foglie del roseto di S. Francesco in Assisi, a mezzanotte rovesciò (nel vico Stretto) capelli, pezzi di pettini e brandelli di stoffe. Da allora non ebbe più mosse, cioè attacchi. Così fu detto.

[4] V. Giugliano Michele, L’astronomia di N. Mezzala, su Annuario 1979 dell’ASMV.